Italiani scettici, ingrati e disfattisti, di Berlino un flebile ricordo
Undici suggerisce fiducia incondizionata ai campioni del mondo
Italiani strana gente. Strenui difensori dei club, diventano improvvi-samente cinici e disfattisti quando si tratta di Nazionale. Persino uo-mini di intelligenza e cultura riescono a difendere l’indifendibile del-le proprie squadre, a volte anche coprendosi di ridicolo, e poi manife-stare un’assoluta e inspiegabile intransigenza di fronte ai colori az-zurri. Non c’è mai qualcosa che vada bene: allenatore, convocazioni, scelte, modulo, giocatori. Gli stessi giocatori, difesi a spada tratta quando indossano le maglie dei club, diventano immediatamente dei mercenari, scansafatiche, vecchi, logori e buoni a niente quando ve-stono quella della Nazionale. I risultati, poi, sono sempre insoddisfa-centi, scadenti, e le previsioni catastrofiche. Un briciolo di ottimi-smo e fiducia non costa nulla, ma la nostra impressione è che alla Nazionale si vada addosso quasi per partito preso, che attorno ad essa (a prescindere da momento e situazione) vi sia una sorta di sfi-ducia cronica, incomprensibile anche se fossimo un Paese del terzo mondo calcistico.
Le ragioni alla base di questo nostro pessimismo cosmico sono es-senzialmente due: mentalità club-dipendente ed ignoranza di fondo. In pratica abbiamo una iper-sviluppata cultura da club ed una sotto-sviluppata educazione a tornei per squadre nazionali.
Undici suggerisce fiducia incondizionata ai campioni del mondo
Italiani strana gente. Strenui difensori dei club, diventano improvvi-samente cinici e disfattisti quando si tratta di Nazionale. Persino uo-mini di intelligenza e cultura riescono a difendere l’indifendibile del-le proprie squadre, a volte anche coprendosi di ridicolo, e poi manife-stare un’assoluta e inspiegabile intransigenza di fronte ai colori az-zurri. Non c’è mai qualcosa che vada bene: allenatore, convocazioni, scelte, modulo, giocatori. Gli stessi giocatori, difesi a spada tratta quando indossano le maglie dei club, diventano immediatamente dei mercenari, scansafatiche, vecchi, logori e buoni a niente quando ve-stono quella della Nazionale. I risultati, poi, sono sempre insoddisfa-centi, scadenti, e le previsioni catastrofiche. Un briciolo di ottimi-smo e fiducia non costa nulla, ma la nostra impressione è che alla Nazionale si vada addosso quasi per partito preso, che attorno ad essa (a prescindere da momento e situazione) vi sia una sorta di sfi-ducia cronica, incomprensibile anche se fossimo un Paese del terzo mondo calcistico.
Le ragioni alla base di questo nostro pessimismo cosmico sono es-senzialmente due: mentalità club-dipendente ed ignoranza di fondo. In pratica abbiamo una iper-sviluppata cultura da club ed una sotto-sviluppata educazione a tornei per squadre nazionali.
- Club-dipendenza. Il calcio, soprattutto in Italia, ruota intorno ai club. Sono loro ad acquistare i giocatori, pagarli, curarli e prestarli alle Nazionali. Il calcio dei club (campionati, Champions League, mer-cato) non ha soste e finisce per essere totalizzante, stabilendo tem-pi, modi, prassi e aspettative. Sicché tifosi e spettatori acquisisco-no una forma mentis club-dipendente. Ma club e Nazionale sono due realtà profondamente differenti e, quando a scadenza biennale ir-rompono Mondiali ed Europei, ci approcciamo ad essi con una “men-talità da campionato”. Cosa intendiamo dire. I grandi cicli dei club, per essere considerati tali, devono necessariamente includere – per dirla alla Mourinho – tituli (essendo questi più numerosi e messi in palio ogni anno). I piazzamenti contano relativamente e, in certi casi, poco o nulla. Per le Nazionali il discorso è l’esatto opposto: gli appuntamenti sono solo un paio, a scadenza quadriennale, e non è sufficiente presentarsi con una squadra forte per vincere (né si ha, come avviene per i club, la possibilità di riscattarsi dodici mesi dopo con la stessa formazione). I grandi cicli, quindi, non si misurano con i successi assoluti (casi rari, eccezionali, assolutamente straordina-ri) ma sulla base di valutazioni molto più elastiche e contingenti: momento storico, qualificazioni, rosa a disposizione, calendario, po-tenzialità delle altre squadre, piazzamenti complessivi, ecc. Tant’è che le vittorie dei Paesi calcisticamente più evoluti si contano sulle dita di una sola mano. Prima di vincere un Mondiale o un Europeo possono pure passare trent’anni senza che ogni singola edizione e l’intero intervallo di tempo siano considerati fallimentari.
- Ignoranza di fondo. L’erba del vicino pare essere sempre più ver-de della nostra, affermazione che nella stragrande maggioranza dei casi non contempla né la conoscenza della nostra erba né quella del vicino. Mondiali ed Europei sbucano fuori all’improvviso (la gente si disinteressa delle nostre qualificazioni, figuriamoci di quelle altrui) e, in quel preciso istante, ogni cittadino italiano si sente in dovere di esprimere la sua opinione: quasi sempre è negativa, il più delle volte anche errata, cioè basata non solo su pareri soggettivi e di-scutibili ma anche su dati di fatto privi di alcun fondamento, inesi-stenti.
-
Ecco come possono essere confutate alcune tra le frasi più gettonate (a volte sono solo incongruenti, altre volte semplicemente false).
“L’Italia non vince mai” – Quanto a titoli mondiali, l’Italia è seconda solo al Brasile (quattro a cinque) e in epoca recente ha portato a casa risultati tutt’altro che negativi: seconda nel 1970, quarta nel 1978, prima nel 1982, terza nel 1990, seconda nel 1994, prima nel 2006 (campione del mondo in carica). Quanto a continuità, e consi-derando anche gli Europei, solo la Germania ha fatto meglio. Nel frattempo (porca miseria, questi sì che sono fallimenti!), l’Inghil-terra ha mancato la qualificazione ai Mondiali 1974, 1978 e 1994, la Francia nel 1970, 1974, 1990 e 1994, l’Argentina nel 1970, la Spagna nel 1970 e 1974, l’Olanda post-Cruijff nel 1982, 1986 e 2002. E an-cora: l’Argentina prima del 1978 e la Francia prima del 1998 non avevano mai vinto un Mondiale, l’Inghilterra ne ha vinto uno solo (1966), la Spagna nemmeno uno. E anche il Brasile pentacampeon ha dovuto aspettare 24 anni (dal 1970 al 1994) per riportare a casa una Coppa del Mondo.
“Quest’anno siamo messi male” (per la cronaca: quel plurale è an-cora più irritante se usato solo per auto fustigarsi) – A prescindere dal fatto che la stessa frase viene estratta dal cilindro magico al-l’inizio di ogni Mondiale (1982 e 2006 compresi), a chi se ne riempie la bocca basterebbe domandare “Perché?” per non riuscire ad otte-nere una risposta di almeno una dozzina di parole messe in croce. Se poi chiediamo “Sapreste dire come sono messe le nostre dirette concorrenti?”, nel 90% dei casi la risposta sarebbe un dimesso e categorico “No”. Non siamo affatto messi male (noi). Sebbene dopo una vittoria mondiale sia difficilissimo ripetersi, abbiamo una delle migliori rose tra le pretendenti al titolo. Anche le altre hanno pro-blemi di diversa natura (a cominciare da Inghilterra e Germania, fal-cidiate da infortuni) e ogni allenatore, se potesse, attingerebbe dalla nostra Nazionale. La realtà dei fatti dice che (noi) siamo tra le av-versarie più temute, chiunque ci eviterebbe ben volentieri. Lo so-stengono esperti e addetti ai lavori. La parola di Franz Beckenbauer e Michel Platini contro quella di una qualunque casalinga di Voghera, che poi si permettere anche di aggiungere:
“Siamo vecchi” – Il Mondiale non è roba per minorenni (e la mag-giore età, nel calcio, equivale almeno a 26 anni, un altro Mondiale alle spalle e una cinquantina di presenze in Nazionale). Lo ha detto anche Boniek di recente: “Ci vuole esperienza, non giovani contenti di cantare l’Inno”. Nell’arco di un mese, per andare avanti, occorre innanzitutto mestiere e i nostri Buffon, Cannavaro, Zambrotta, Gat-tuso, Pirlo, ne hanno da vendere. Vi pare che potremmo fare più strada con seconde linee definite "più fresche e motivate" (e che, tutte insieme, non accumulano le presenze in Nazionale di un De Rossi)? Non avremmo chances. Semmai, il nostro tallone d’Achille è la quasi nulla esperienza internazionale di un Bonucci. D’altronde, per caso all’estero ci temono per Bonucci e Bocchetti? Macchè… Noi temiamo la Francia perché ha Henry (malgrado sul viale del tra-monto), la temeremmo ugualmente se al suo posto ci fosse il più fresco, pimpante e motivato Briand (chi è costui?). E, allora, perché criticare una gloria nazionale quale Cannavaro? Nereo Rocco dice-va “Mi fido più di Rivera con una gamba sola che del suo sostituto con due”, e noi pensiamo la stessa cosa di Cannavaro: non è più quello di quattro anni fa, d’accordo, ma ancora oggi chi è meglio di lui? Forse l’inglese Terry, forse. Per il resto in quel ruolo (Puyol, Sa-muel, Lucio) siamo lì. Sudafrica 2010 non è un Mondiale da vincere, ma Cannavaro, Zambrotta e gli altri vanno portati in primo luogo per gratitudine e poi perché continuano ad essere i più affidabili. Do-vessimo perdere, come probabilmente accadrà, che sia con loro.
“L’Italia non vince mai” – Quanto a titoli mondiali, l’Italia è seconda solo al Brasile (quattro a cinque) e in epoca recente ha portato a casa risultati tutt’altro che negativi: seconda nel 1970, quarta nel 1978, prima nel 1982, terza nel 1990, seconda nel 1994, prima nel 2006 (campione del mondo in carica). Quanto a continuità, e consi-derando anche gli Europei, solo la Germania ha fatto meglio. Nel frattempo (porca miseria, questi sì che sono fallimenti!), l’Inghil-terra ha mancato la qualificazione ai Mondiali 1974, 1978 e 1994, la Francia nel 1970, 1974, 1990 e 1994, l’Argentina nel 1970, la Spagna nel 1970 e 1974, l’Olanda post-Cruijff nel 1982, 1986 e 2002. E an-cora: l’Argentina prima del 1978 e la Francia prima del 1998 non avevano mai vinto un Mondiale, l’Inghilterra ne ha vinto uno solo (1966), la Spagna nemmeno uno. E anche il Brasile pentacampeon ha dovuto aspettare 24 anni (dal 1970 al 1994) per riportare a casa una Coppa del Mondo.
“Quest’anno siamo messi male” (per la cronaca: quel plurale è an-cora più irritante se usato solo per auto fustigarsi) – A prescindere dal fatto che la stessa frase viene estratta dal cilindro magico al-l’inizio di ogni Mondiale (1982 e 2006 compresi), a chi se ne riempie la bocca basterebbe domandare “Perché?” per non riuscire ad otte-nere una risposta di almeno una dozzina di parole messe in croce. Se poi chiediamo “Sapreste dire come sono messe le nostre dirette concorrenti?”, nel 90% dei casi la risposta sarebbe un dimesso e categorico “No”. Non siamo affatto messi male (noi). Sebbene dopo una vittoria mondiale sia difficilissimo ripetersi, abbiamo una delle migliori rose tra le pretendenti al titolo. Anche le altre hanno pro-blemi di diversa natura (a cominciare da Inghilterra e Germania, fal-cidiate da infortuni) e ogni allenatore, se potesse, attingerebbe dalla nostra Nazionale. La realtà dei fatti dice che (noi) siamo tra le av-versarie più temute, chiunque ci eviterebbe ben volentieri. Lo so-stengono esperti e addetti ai lavori. La parola di Franz Beckenbauer e Michel Platini contro quella di una qualunque casalinga di Voghera, che poi si permettere anche di aggiungere:
“Siamo vecchi” – Il Mondiale non è roba per minorenni (e la mag-giore età, nel calcio, equivale almeno a 26 anni, un altro Mondiale alle spalle e una cinquantina di presenze in Nazionale). Lo ha detto anche Boniek di recente: “Ci vuole esperienza, non giovani contenti di cantare l’Inno”. Nell’arco di un mese, per andare avanti, occorre innanzitutto mestiere e i nostri Buffon, Cannavaro, Zambrotta, Gat-tuso, Pirlo, ne hanno da vendere. Vi pare che potremmo fare più strada con seconde linee definite "più fresche e motivate" (e che, tutte insieme, non accumulano le presenze in Nazionale di un De Rossi)? Non avremmo chances. Semmai, il nostro tallone d’Achille è la quasi nulla esperienza internazionale di un Bonucci. D’altronde, per caso all’estero ci temono per Bonucci e Bocchetti? Macchè… Noi temiamo la Francia perché ha Henry (malgrado sul viale del tra-monto), la temeremmo ugualmente se al suo posto ci fosse il più fresco, pimpante e motivato Briand (chi è costui?). E, allora, perché criticare una gloria nazionale quale Cannavaro? Nereo Rocco dice-va “Mi fido più di Rivera con una gamba sola che del suo sostituto con due”, e noi pensiamo la stessa cosa di Cannavaro: non è più quello di quattro anni fa, d’accordo, ma ancora oggi chi è meglio di lui? Forse l’inglese Terry, forse. Per il resto in quel ruolo (Puyol, Sa-muel, Lucio) siamo lì. Sudafrica 2010 non è un Mondiale da vincere, ma Cannavaro, Zambrotta e gli altri vanno portati in primo luogo per gratitudine e poi perché continuano ad essere i più affidabili. Do-vessimo perdere, come probabilmente accadrà, che sia con loro.
“Perderemo!” – Se con quel “perderemo” si intende non centrare il primo posto, non abbiamo capito niente. In Sudafrica si va per un buon piazzamento. E siccome nei quarti potremmo trovarci di fronte la Spagna, fermarci allora vorrebbe anche dire uscire con dignità. Se poi riuscissimo ad entrare in semifinale sarebbe un risultato storico.
“Risultati scadenti” – Chi sostiene ciò, che almeno li elencasse que-sti risultati scadenti. Quali? Dove? Quando? Se ci riferiamo alla pe-nultima uscita con il Messico, prenderemmo in prestito la risposta di Bearzot che, a riguardo, ha detto: “Le amichevoli non contano nien-te”. Se ci riferiamo all’ultimo Europeo (gestione Donadoni), non ci risulta fallimentare un quarto perso ai rigori contro i futuri campioni d’Europa della Spagna (soprattutto se teniamo conto che ad Euro 2008 solo in quattro hanno fatto meglio della nostra Nazionale e che l’Inghilterra non si è neppure qualificata). La Confederations Cup, quello sì, può rappresentare l’unico campanello d’allarme, e comun-que il fatto che siano arrivati in finale gli Stati Uniti (battendo la tanto decantata Spagna) la dice lunga sull’importanza di quel torneo. Francamente la gestione Lippi è tutt’altro che costellata da risultati scadenti: nel suo quadriennio – per la serie “forse non tutti sanno che…” – si è registrato il record di risultati utili consecutivi, 31 (pri-mato che conta poco quanto l’amichevole con il Messico, ma perché dobbiamo sottolineare solo gli aspetti negativi?) ed è stato vinto con autorità il girone di qualificazione a Sudafrica 2010. In mezzo, come se fosse roba da poco, una Coppa del Mondo.
“Vergogna!” – Addirittura. Ciò che a noi sembra vergognoso, da vol-tastomaco, è che su Facebook nascano gruppi intitolati “Tifiamo contro l’Italia”, e che migliaia di quegli iscritti se la Nazionale do-vesse andare avanti poi si riverseranno nelle strade con tanto di bandiere tricolori e trombette. Si racconta che quando nel 1982 l’al-lora presidente di Lega Tonino Matarrese, dopo averne dette di cotte e di crude sulla squadra, entrò negli spogliatoi per unirsi ai fe-steggiamenti, molti senatori aprirono le finestre dicendo di senti-re “puzza di merda”. Si racconta anche che Tardelli lanciò verso di lui uno zoccolo. Proprio ieri Lippi ha dichiarato: “Se le cose andranno bene, questa volta sul carro dei vincitori non faccio salire tutti”.
Fino a venerdì i campioni del mondo siamo noi. Cosa ci costa aspet-tare Brasile e Spagna con un minimo di fiducia? E magari aggiunge-re, con un pizzico di orgoglio: “Venitevelo a prendere, se ce la fate”.
“Risultati scadenti” – Chi sostiene ciò, che almeno li elencasse que-sti risultati scadenti. Quali? Dove? Quando? Se ci riferiamo alla pe-nultima uscita con il Messico, prenderemmo in prestito la risposta di Bearzot che, a riguardo, ha detto: “Le amichevoli non contano nien-te”. Se ci riferiamo all’ultimo Europeo (gestione Donadoni), non ci risulta fallimentare un quarto perso ai rigori contro i futuri campioni d’Europa della Spagna (soprattutto se teniamo conto che ad Euro 2008 solo in quattro hanno fatto meglio della nostra Nazionale e che l’Inghilterra non si è neppure qualificata). La Confederations Cup, quello sì, può rappresentare l’unico campanello d’allarme, e comun-que il fatto che siano arrivati in finale gli Stati Uniti (battendo la tanto decantata Spagna) la dice lunga sull’importanza di quel torneo. Francamente la gestione Lippi è tutt’altro che costellata da risultati scadenti: nel suo quadriennio – per la serie “forse non tutti sanno che…” – si è registrato il record di risultati utili consecutivi, 31 (pri-mato che conta poco quanto l’amichevole con il Messico, ma perché dobbiamo sottolineare solo gli aspetti negativi?) ed è stato vinto con autorità il girone di qualificazione a Sudafrica 2010. In mezzo, come se fosse roba da poco, una Coppa del Mondo.
“Vergogna!” – Addirittura. Ciò che a noi sembra vergognoso, da vol-tastomaco, è che su Facebook nascano gruppi intitolati “Tifiamo contro l’Italia”, e che migliaia di quegli iscritti se la Nazionale do-vesse andare avanti poi si riverseranno nelle strade con tanto di bandiere tricolori e trombette. Si racconta che quando nel 1982 l’al-lora presidente di Lega Tonino Matarrese, dopo averne dette di cotte e di crude sulla squadra, entrò negli spogliatoi per unirsi ai fe-steggiamenti, molti senatori aprirono le finestre dicendo di senti-re “puzza di merda”. Si racconta anche che Tardelli lanciò verso di lui uno zoccolo. Proprio ieri Lippi ha dichiarato: “Se le cose andranno bene, questa volta sul carro dei vincitori non faccio salire tutti”.
Fino a venerdì i campioni del mondo siamo noi. Cosa ci costa aspet-tare Brasile e Spagna con un minimo di fiducia? E magari aggiunge-re, con un pizzico di orgoglio: “Venitevelo a prendere, se ce la fate”.