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Belgio, la panchina che scotta

A due mesi dall’esonero di Vandereycken ancora dubbi sul sostituto

Non può che scottare la panchina dei 'Rode Duivels', o 'Diables Rou-ges', che dir si voglia. Ma il fatto che scotti malgrado sia vacante la dice lunga sui problemi che il calcio belga vive ormai da un buon de-cennio a questa parte. Ad aprile, causa scarsi risultati e la qualifica-zione ad un altro Mondiale sfumata (il secondo di fila), la Federcalcio belga decide di dare il benservito a René Vandereycken, cittì che, in fin dei conti, ha colpe relative, non avendo fatto né meglio né peg-gio dei suoi ultimi predecessori. Dal suo esonero sono trascorsi due mesi e a Bruxelles si brancola ancora nel buio in cerca di un sostituto che sia, al tempo stesso, commissario tecnico e salvatore della pa-tria. Ma, stando ai fatti, pare difficile trovare qualcuno che possa li-mitarsi a ricoprire anche solo il più semplice dei due incarichi.
Dalla prima scelta, Louis Van Gaal (il Belgio che si affida ad un olan-dese!), è arrivato un 'No' tanto secco quanto eloquente. Per rilanciar-si preferisce il Bayern, e chi può dargli torto. Stessa risposta anche dal secondo della lista, Eric Gerets, che al momento sembra essere il tecnico belga più quotato. Tra i papabili anche Advocaat (altro olan-dese), allenatore di lungo corso con il quale i primi contatti sarebbe-ro andati a vuoto. Resta sempre in piedi, e praticabile, la pista che porta a De Sart, da dieci anni alla guida dell'Under 21 (una promozio-ne se la meriterebbe pure), ma la sua candidatura è la meno allettan-te. Tuttavia, a onor del vero, oggigiorno ad essere poco allettante è proprio la panchina belga.
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L’ultimo Mondiale giocato dal Belgio risale al 2002, l’ultimo Europeo al 2000 (qualificato di diritto perché Paese ospitante), ma il declino ha radici più profonde. Infatti, l’ultima qualificazione ad una fase fi-nale, quella nippo-coreana, è – senza usare troppi giri di parole – un regalo ereditato dai decenni precedenti, grazie ai quali la Nazionale belga si assesta nei quartieri nobili delle classifiche di rendimento (il cosiddetto ranking FIFA) e, da ‘testa di serie’, può pescare le abbor-dabili Scozia, Lettonia e San Marino. Per carità, lungi da noi sminui-re una sesta partecipazione consecutiva ad una fase finale mondiale (dato assolutamente rilevante), tantomeno delegittimare privilegi sa-crosanti conseguiti sul campo. Il punto, piuttosto, è che la generazio-ne che usufruisce di tali benefici non può considerarsi neppure lonta-na parente di quei ‘Diavoli Rossi’ che arrivano secondi ad Euro 80 e quarti a Mèxico 86 e nemmeno di quegli altri ‘buoni diavoli’ che ne-gli anni Novanta continuano a conquistare qualificazioni con autorità e disinvoltura. Dagli anni Duemila si assiste ad un calo verticale che coinvolge inesorabilmente l’intero movimento calcistico belga: Na-zionale, club, campionato.
Nell’ultimo decennio le mancate qualificazioni a due Mondiali ed al-trettanti Europei (corredate da sconfitte con Bosnia, Finlandia, Esto-nia, Armenia e pareggi con Kazakistan, Lituania e Lussemburgo) col-locano il Belgio in terza/quarta fascia dei ranking FIFA e UEFA e la ri-salita si fa ogni biennio più dura. Di male in peggio. Il tutto mentre mediocrità del presente, passato ingombrante, ansie e velleità di ri-scatto costituiscono un mix letale. Ma il tempo stringe e ad agosto si ricomincia. Chi è così temerario da voler rischiare figuracce compro-mettenti, si accomodi sulla panchina belga. È libera.